Opere Inedite


Il Vento e altre immaginazioni

agosto 1993- Aprile 1994


I  La quarta aurora
O cieca, muta concordia
dei tempi d'amore,
quando l'arpa suonava
e tutte le ore
correvano senza rumore
gioiose nel canto!
Intanto
giovinezza fioriva
e turbava
di luce oscura
la luna
che lenta moriva
tra vane carezze.
Antiche tristezze,
nessuna
felicità viene meno:
senza ritorno,
tra fiori rosa e bianche colline
il nero
mi prese
e il mistero
ancora mi prende
della tua primavera.

Fermarsi un poco
e per gioco
immaginare!
Tante vie per cantare
ho battuto,
a fatica, senza il tuo aiuto,
l'antica promessa
non ho mantenuto:
mi sono perso
nel tuo cuore
nel tempo indurito
e non so ritornare
se non a questo presente
autunno che mente
le sue primavere.
Volevo solo
fare poesia,
un innocente mestiere
che non sapevo
mortale.
Leggevo
nei tuoi occhi
le nere, le tante
ferite
che ti donavo:
stavo
senza di te
in te,
così il poeta
mai raggiunse la meta
per la quale era nato.

Ma a che vale
ricordare
il passato?
Fermarsi un poco
e per gioco
immaginare...
 
I giorni di novembre
sono giorni
di ombre corte
di ore dolorose
d'amore e
di morte.
Ma quante stelle
quella sera
serena
di luna piena
quando il cuore batteva
veloce
e la voce
raccontava.
Il cielo brillava
di stelle,
le stelle ferite,
le stelle di immobile bianco,
ultimo sguardo,
varco verso l'ignoto,
specchiato riflesso
di immaginato Altrove
dove
torneremo immateriali,
ali che tremano,
il Volo,
amore che finisce
e intristisce, luce
che non conduce
sulla Via,
vita senza incanto,
canto
infelice
che non dice
nessuna verità,
stelle intrecciate
in ordine muto
(come d'improvviso
le nostre mani
in cerca di aiuto),
stelle ferite
finite
assai presto:
resto
per sempre con te...
Conoscemmo così
i giorni di novembre,
giorni di ombre
corte
di ore dolorose
d'amore
di morte.

La nostra patria infelice
abitammo,
e sempre vicini
alle Porte sostammo
insieme ai nostri bambini.
Felicità
ci strinse
e vinse
il dolore.

Quattro aurore
il nostro amore ha inventato:
la prima fu il frutto,
la seconda fu il fiore,
la terza l'amore,
la quarta il tutto.
E quella che abbiamo perduto
È il niente che siamo
quando sappiamo
che cosa è amore
e che cosa noi siamo:
povera gente
che trema,
che rema
contro corrente,
l'uno all'altro salvezza
nel mare agitato,
l'uno all'altro tristezza
nel tempo
a finire votato.
E cresce intanto
la prima aurora
e dà buon frutto ancora.
Il fiore È sbocciato
e nel suo oriente
muove,
animato
da quieto movimento
che niente muta.
L'angelo biondo
in un momento
è volato
sul ramo più alto
innamorato
del Bene.
E il tutto tiene
l'ultima aurora,
mentre insieme noi andiamo
dove tu vuoi,
e quel che abbiamo perduto
nel pianto, nel canto
dolente,
è niente,
se ancora sappiamo
che cosa è amore
che cosa noi siamo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

II  Il Vento

 

 

Conoscemmo, un giorno, il vento.
Venne in silenzio,
senza farsi sentire,
come un amore destinato a finire,
come una vaga tristezza, come il tramonto
della luna, come lo sguardo di colei
che nessuna felicità conobbe (dove sei,
che ancora ti cerco e ti attendo
tra le stanze dipinte della casa
della Parola, inutilmente vedendo
come l'anima‚ invasa
ormai dalle stelle che vanno cadendo
senza più luce agli dei?).

Era il vento
che oscura la luce,
il vento che a niente conduce,
che semina morte,
che fabbrica mute barriere,
che ama le ombre corte
dell'autunno crudele,
e non dà mai pace,
il vento che tace
nel silenzioso mattino
e sorge improvviso
ad annunciare la fine
d'ogni illusione. Il vento
che nel confine
opera, e le rovine
tormenta
(ma tu, fa che non senta
questo vento il bambino
che nella culla di ginestre
parla e sorride.
Le finestre
socchiudi, stagli vicino:
il vento lui non lo vide,
per questo è nato:
innamorato
dei moti del cuore
ora legge il tuo viso,
parla del tuo sorriso
balbettando parole,
le sole
che ami sentire
in questa sera materna
che sta per finire
mentre la fioca lucerna
si spegne
e l'alba s'appressa.
La stessa
luce che scorre
tra nuvole in fuga
nel lento orizzonte
correva allora
quando abbiamo saputo
che amore È un bambino perduto
che chiede ai passanti
aiuto
per ritornare!.

Mi visita il vento, a volte,
compagno d'Ignoto,
nel luogo segreto
dove ogni cosa si perde
e rinasce,
nel vuoto che pasce
ricordi, memorie di vita
finita.
Si sveglia la Casa,
apre il poeta le porte
alle parole mai dette,
il vento si leva, la sorte
è segnata...


Leggeva
su banchi
di pietra
quando si accorse
di lui:
occhi bui,
stanchi,
d'angelo abbandonato!
Ma il primo amore, quanto
È durato?
Per vivere, poco,
tanto
per morire!
Fu un gioco
tra i fiori e i voli,
un gioco di mani e di sguardi,
mentre un nuovo dolore
si conosceva
e il vento correva
aprendo nuovi orizzonti
di gioia.
Che vita nova allora,
che cosa, oggi, la noia!
Che mai la luce muoia
e la notte non sia.
Allora,
ubriaco di gioia,
s'appressò il vento,
mi visitò la poesia.

Compresi a stento
quel che accadeva,
il mistero del tempo
che mi perdeva:
nascevano brevi parole
quiete leggere
simili a brezza d'estate
a un lento
ruscello a un fuoco
spento.
O breve stagione d'amore
che dura per sempre
regione della malinconia
terra lontana abitata
dalla mia nostalgia!

L'Arpa eolia
vibra ora
di rado:
vado
morendo, sfibra
sempre più il mistero
del nero
apparire.
Non più lievi,
leggere
le parole
ma grevi
spietate
innamorate
di Verità.
Somnium breve vita.
donec gratus eram tibi.
troppo presto È finita
quella dolcemente inventata
felicità!
L'acqua
come la vita
nel niente
si perde,
ma cosa temere
se è in me
se mia è
la sorgente?

O giorni, giorni, muti
viaggiatori
del tempo che trascorre
e non finisce,
o giorni, ormai perduti
bagliori
dell'amore
che la vita tradisce!
Come cigno nel lago
della mente
il vento spira
e muove un vago
passare di memorie.
Senza frutto è indugiare!
Tardi,
alla sera che ruba gli sguardi
torniamo
e che quel che amiamo
ricordare
davvero al cuore ritorni
come un vento leggero
che accresca la gioia
di chi non teme il dolore
di raccontare...

Leggera ti inoltravi
senza memoria
nel sentiero pur breve
e brillavi
di bianca solida luce
nel corpo teso
difeso
dalla tua primavera.
Come hai potuto amarmi?
Come il peso
della mia sera
hai saputo
lievemente pensare
e indugiarmi
nel cuore?

"Tu sei il mio ornamento
tu sei la mia vita
che dolce trattiene sfinita
l'anima e il lungo cammino.
Denti di gelsomino
cammini
e ti fidi di me ancora
e mi inviti a salire
prima che giunga l'ora
di partire".

Caldo il vento
ti invitava a privarti
dell'onde che in cuore levava
il mio doloroso guardarti.
Ma quale potenza
il Corpo nasconde?
Quale mistero senza parole
nell'animo infonde?
(Il ragno ora tesse la tela
in questo mattino
senza luce, ora che sempre vicino
mi parla il dolore
di non saperti più mia
come allora,
quando bianca
salivi e stanca
ridevi
ansimando di dolce fatica.
Ma raccontando
di cose passate, nera amica
mi stai vicino
e suggerisci parole:
se gesta
nuove tenti,
la virtù viene meno; lasciami andare,
io so che tu menti, fammi tornare
ancora un poco dove tace
il rumore della vita
ed ogni cosa ha pace!)

Giungemmo al teatro del cuore:
pietre bruciate
piante secche
come i rimpianti.
Entri in scena
e canti:
ti vanti
di non essere brutta
di non essere bella,
finta bambina davanti
a tutta quella
solennità d'amore.
Così fui un tempo
l'unico spettatore
del tuo cuore
che non recita mai...
Sai,
felicità è soltanto
amare,
senza tristezza ascoltare
il canto
di giovinezza:
e io ti amo soltanto
e ascolto ora il canto
senza tristezza
della tua giovinezza
che dura ancora
ma più non sorride
e non canta
nel teatro del cuore.

Sento che strana natura
ha il vento!
A volte porta dolore
a volte nostalgia
sempre uno strano tormento.
Se viene improvviso
può accadere che estirpi per sempre
dal cuore il sorriso;
se lo senti arrivare,
nuove parole infonde
se pure nasconde
la verità;
se a te lo chiami,
felicità
puoi trovare
sulle labbra ansiose
che dicono addio.
Ma io
so sempre
come trovarti,
crudele felice
instancabile
vento
del mio Mutamento.


III
LA META

 

 

 Noi non abbiamo più luogo
quando l'amore si oscura,
non abbiamo più dove andare
quando l'amore scompare.
Reciti triste ogni giorno
la parte senza passione:
viaggiamo senza ritorno
temendo ogni stazione.

Quando iniziammo il Viaggio
conoscevamo la Meta:
eravamo la luce, il raggio
verde che acquieta.
Denaro non avevamo
per ingannare le ore:
soltanto, vivevamo
del nostro amore.

Ma, giorno dopo giorno,'
sono trascorsi gli anni,
con l'ansia del ritorno,
col tempo degli affanni.
Stazioni sconosciute
invitavano a fermarsi
(facile è tormentarsi
delle gioie mai avute).

Mai ci siamo fermati,
solo in cuore la meta,
su di noi ripiegati:
sulla culla di seta
genitori d'amore
che veglino un bambino
lontanando il dolore
sempre più vicino!
E il tempo passava
senza nessuna gioia
nessun divertimento
nello scompartimento.
Compagni di un viaggio
che ti sembra ora eterno:
così trascorse maggio,
così venne l'inverno!

Poco a poco i tuoi occhi
divennero più bui,
più lontana la meta cui
rivolgevamo gli occhi.
Ora la neve a fiocchi
bianco trasforma il cuore
e inseminata copre
la terra del tuo amore.

La Casa è fredda, bianca,
difesa è la sorgente:
l'anima nostra stanca
non morirà per niente.
Noi la difenderemo,
ritornerà il sole,
le rose e le viole
ancora raccoglieremo.

Ora i bambini vogliono
a casa ritornare:
sono stanchi del viaggio
ansiosi di raccontare
le terre visitate
le colline di seta
i colori di maggio
la luce della Meta.

Noi amiamo il Ritorno,
traversare la notte,
il viaggio ci perde,
ci consegna alla morte.
Dimentichiamo il tempo
la voglia di acquistare
il dono tenebroso
del ricordare.
Se nel cuore la Meta
pi- forte È dell' amore
noi tutto perderemo
nel viaggio doloroso.

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IV
NOI AVEVAMO UN SOGNO
2 gennaio 1998

 

 

Noi avevamo un sogno:
scendere
la Corrente
e ritornare
senza più niente
in cuore
se non l'amore.

Ma l'acqua
non si arrese
alla purezza:
dalla Sorgente
al fondo
della vita, rese
la terra oscuro
il letto trasparente
e impuro
il mutamento.
Quando
tutte le cose
(gioie dolori affanni)
si fusero in Te sola,
e gli anni si fermarono
avidi
di mai finita
giovinezza;
quando divenne
e fiume e letto e riva
il movimento
e mio solo alimento
le sue acque;
tu ignota corrente divenuta
tutte le cose hai fuso in una sola
e un fiume le attraversa
e più non ci incontriamo
poi che di me s'è persa
residua traccia
nel chiuso
della tua muta perfezione.

Ora che noi sappiamo
che amore è azione
inevitabile
e quanto più ci amiamo
tanto più ci perdiamo;
ora che sulle rocce tormentate
cade la pioggia
e fatta di parole
è la Corrente;
mentre ora dormi
in ansia di Vigilia,
sappiamo
che avevamo
un sogno
differente.
Insieme a me tu sognavi
di scendere
la corrente
e ritornare
senza più niente
in cuore
se non l'amore.
Insieme a te io sognavo
di scendere la corrente
e ritornare
avendo soltanto
in cuore
il tuo Amore.

 

 


V
La terra promessa

 

 

Siamo arrivati da poco
in questa sala d'aspetto,
in questo luogo sospetto
senza memoria o fuoco.

Ci ritroviamo insieme
in un silenzio strano
e ascoltarci È un vano
struggimento che preme.

Quanta malinconia!
Nessuno sa dove siamo
arrivati, nè dove andiamo.
Ascolti la nostalgia

che ti parla daccanto.
Stanchi raccontiamo
che dentro ci sentiamo
come dopo aver pianto.

Con la sazia tristezza,
col dolente rancore,
con la voglia d'amore,
l'ansia di tenerezza!

Non ricordiamo niente.
Abbiamo dimenticato.
Il Vuoto è il passato,
soltanto il Presente
che ti tiene perduto
al non sapere eterno.
Non sai se c'È un esterno
fuori da questo imbuto.

Sai che qui sei giunto
dal tuo ultimo istante:
la penombra ci tiene, quante
ombre intorno: è questo il Punto

cui dobbiamo arrivare?
Èquesto il trasparente
luogo del nostro niente
dal quale ritornare

non è dato a nessuno?
È questo il luogo sacro,
l'atteso lavacro,
la terra del digiuno?

Come foglie separate
che lentamente cadono,
come volti che evadono
dalle volte affrescate,

come acqua che amica
scorre dalla sorgente
e improvvisa non sente
più l'antica fatica,

ora non più nel ventre
della terra che diede
il sapore, e non vede
se non sassi o luce, mentre

veloce ora trascorre
di paese in paese,
mentre di mese in mese
senza fermarsi corre,

quando improvvisa viene
la fine della corsa
(mentre nel cielo l'Orsa
il respiro trattiene)


e si perde nel Mare
dove il Volgere è giunto,
ormai saputo il punto
da cui non ritornare!

Non più luce o finestre
rinnovano la Stanza.
Qui non c'è l'usanza
del giallo di ginestre

a illudere la luce!
Niente accadrà, sappiamo
che è accaduto, siamo
nel Punto che conduce

dove eravamo
prima, dove siamo
per sempre ora, che abbiamo
ritrovato, e che abitiamo.

Cosa dobbiamo fare
 in questo luogo oscuro,
dinanzi a questo muro,
senza pi- ricordare?

Siamo rimasti allora
eterni, senza passato?
Come un sogno sognato
che svanisce all'aurora?

Sai, la morte è una bambina
con gli occhi grandi, neri,
che scrutano sinceri
mentre più si avvicina

quanto del nostro bene
noi abbiamo donato,
se abbiamo negato
amore a chi geme. Se ne


accorge l'infante,
e a una delle tante
stanze ti guida,
e all'eterno ti affida.

Insieme ti ritrovi
con le anime più care.
Non più sguardi, ma rare
lontane gioie muovi.

Anime senza peso, vanno
l'una all'altra dintorno:
nessuno cura il giorno,
quel che vogliono, fanno!

Mi eri padre (è tardi?)
tu sposa, io marito:
Forse tutto è finito?
Perchè più non mi guardi?

Ma come sopportare
questa indifferenza?
Non c'è più coscienza,
voglia di raccontare?

O terra di nessuno
da cui nessuno torna!
Notte che non ritorna
luogo del digiuno

che fredda e inaridisce:
dalla luce traditi,
l'un dell'altro sfiniti
dove tutto finisce!

Se questo è il Paradiso,
voglio solo il dolore,
voglio solo il tremore
del tuo triste sorriso.


Voglio che sia il rimpianto
la culla del mio cuore,
che in vita le sue ore
ha dedicato al canto.

Sarà la nostalgia
il dolore del ritorno
allo sguardo che un giorno
mi lascerà per via!

Lontani, ora lontani
dalla santa indifferenza
di questo Regno, senza
speranza del domani:

sola è rimasta incisa
sul nastro consumato
la canzone che hai amato!
La memoria divisa

ripete ancora il lento
battere della sera
sull'anima che spera
di ritrovare il Vento.

Il Vento che non cessa
quando più non saremo
e forte troveremo
nella terra promessa!

 


VI
EPILOGO


 


Vorrei morire in mare
sommerso dalle onde
tra le tenebre fonde
la luce salutare.

Tra scintille guardare
la luce che confonde
i pensieri, e le pi- fonde
verità raccontare.

Mi spogli la corrente
d'ogni attaccamento
al tenebroso ardore

della Vita. E il Niente
mi prenda in un momento
senza dolore e amore

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

Le stelle

febbraio 1985-ottobre 1986

Le Stelle

Feritoie le stelle, casa all’infinito che la notte continuano che muore: -Che cosa chiedi, Ettore, ferito, al nostro bianco cuore?

L’abisso che ci nutre e che non cura di dare volto e anima alle cose quante volte ci vinse alla paura di leggi tutto ...

Sonetti a Costanza

 

Luglio Agosto 1989

Il vento occidentale

 

Non so se il vento occidentale sia segno del cuore o solo mutamento di nuvole lontane. Ma ogni via del mio paese lacrima col vento.

Ricordo ancora i giorni d'allegria, i tuoi passi nel cuore ancora sento. Ti vestivo della mia malinconia nulla leggi tutto ...

Sonetti

Gennaio1989-Febbraio 1992

La giovinezza

Ora, nel tuo giardino abbandonato, tutto è silenzio. Hanno, con calce viva, le porte, ogni finestra ormai imbiancato, mentre, dopo l'inverno, intiepidiva.

Tu cerchi Lei, ma la padrona è assente (dove mai vi siete dileguati giorni di giovinezza, leggi tutto ...

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